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San Francesco, tra Cimabue e Perugino. Nel Giubileo con il Cantico delle Creature

10 Dicembre - 2 Marzo 2025

Biblioteca del Senato Giovanni Spadolini

La mostra “San Francesco, tra Cimabue e Perugino. Nel Giubileo con il Cantico delle Creature” presenta un inedito dialogo artistico, spirituale e storico, offrendo una panoramica sull’evoluzione della raffigurazione francescana. Un percorso che unisce fede, cultura e bellezza in un’ambientazione prestigiosa, dal 10 dicembre 2024 al 2 marzo 2025, alla Biblioteca del Senato Giovanni Spadolini.

Perugino. Apparizione della Vergine col Bambino tra angeli, ai Santi Bernardino e Francesco, 1496. Galleria Nazionale dell'Umbria
Perugino. Apparizione della Vergine col Bambino tra angeli, ai Santi Bernardino e Francesco, 1496. Galleria Nazionale dell'Umbria

In occasione del prossimo Giubileo, Roma ospita un appuntamento di grande spessore artistico e spirituale, presso la prestigiosa Biblioteca del Senato Giovanni Spadolini dal 10 dicembre 2024 al 2 marzo 2025. Questa rassegna, intitolata “San Francesco, tra Cimabue e Perugino. Nel Giubileo con il Cantico delle Creature”, offre un coinvolgente itinerario dedicato all’evoluzione della pittura italiana che, attraverso la figura di San Francesco, trova nuove forme di espressione e contenuti spirituali.

Nel dialogo tra due grandi maestri, come Cimabue e Perugino, si colgono i passaggi di un linguaggio in trasformazione, nel quale l’innovazione stilistica va di pari passo con l’approfondimento dei valori di umiltà e compassione, tanto cari alla sensibilità francescana, testimoniata anche dall’antico inno Cantico delle Creature. A testimoniare questo percorso, preziose opere inedite e capolavori si susseguono in allestimenti evocativi.

La genesi dell’arte francescana

Quando si parla di arte francescana, si entra in un ambito che trascende la mera storia stilistica per aprire uno squarcio sull’evoluzione del sentimento religioso nel contesto medievale. All’inizio del XIII secolo, la predicazione di Francesco d’Assisi rappresentò un momento di svolta: non più un cristianesimo distante e improntato alla sola sacralità dogmatica, ma un messaggio di prossimità, di povertà evangelica e profondo amore verso il creato.

L’uomo si trovava improvvisamente al centro di un progetto di fede che abbracciava tutte le dimensioni dell’esistenza, con un’enfasi sul valore della natura e della fraternità universale. È in questo clima che le arti visive si fecero portavoce di una nuova sensibilità, volta a rappresentare la vicinanza di Cristo, la benevolenza di Maria e, soprattutto, la figura carismatica di Francesco.

Prima ancora di diventare un soggetto ricorrente nelle opere sacre, il santo di Assisi si trasformò in un’icona vivente di semplicità, carità e umiltà. Nelle chiese e nei conventi, i committenti desideravano immagini che potessero ispirare le comunità di fedeli a seguire la via tracciata dal Poverello. L’aspetto più rivoluzionario di questa nuova corrente spirituale consisteva nella volontà di abbattere la distanza fra il divino e l’umano, offrendo una rappresentazione più partecipata e affettuosa delle storie religiose. Da questo sentire sorse la necessità di adeguare la produzione artistica, rendendola più aderente al reale e, contemporaneamente, ricca di un pathos fino ad allora poco esplorato nelle arti figurative.

Contesto storico e spirituale

Nel pieno del basso Medioevo, l’Europa occidentale era attraversata da fermenti di rinnovamento religioso, spesso associati al monachesimo e alle nascenti confraternite urbane. Da un lato, esisteva l’immagine ufficiale della Chiesa, con i suoi fasti e la sua gerarchia; dall’altro, si sviluppavano movimenti di laici e predicatori itineranti, desiderosi di riscoprire la radicalità dei Vangeli. In questo scenario, Francesco d’Assisi seppe cogliere i bisogni di un popolo in cerca di un esempio concreto di povertà e devozione. La sua testimonianza, resa universale grazie a episodi leggendari – come il sermone agli uccelli o la conversione del lupo di Gubbio – trovò nelle arti figurative uno strumento narrativo potentissimo.

La realizzazione di affreschi e pale d’altare incentrati su Francesco rispose all’esigenza di rappresentare i suoi gesti in forma visibile, affinché la memoria non si disperdesse. Il mondo francescano, impregnato di gratitudine per il creato e di fraternità verso ogni creatura, venne esaltato anche dall’utilizzo delle scritture e dei canti. Tra questi spicca il Cantico delle Creature, un testo poetico che esprime l’esaltazione del Signore attraverso l’armonia della natura. Lungo i secoli, tale componimento mantenne viva l’immagine di un santo che si fa portavoce di un cristianesimo gioioso e inclusivo, capace di rinnovarsi pur rimanendo ancorato alle fonti bibliche.

Le radici umili di Francesco

Un elemento cardine dell’immaginario francescano è l’associazione fra il santo e la sua condizione di assoluta umiltà. Nato in un contesto di agiatezza, Francesco scelse di spogliarsi di ogni bene terreno e di vivere in povertà. Questo atto radicale fu accolto con meraviglia e ammirazione, e divenne un simbolo di rottura rispetto al passato. Numerose opere d’arte, sin da quelle di fine Duecento, mettono in scena la rinuncia ai beni materiali, la predicazione itinerante e la cura verso i malati. I pittori, cercando di riprodurre lo spirito di carità e mitezza, rinunciarono a sfarzosi dettagli ornamentali, prediligendo abiti semplici e gesti che potessero comunicare la fratellanza con i più deboli.

La sensibilità artistica nascente

L’influenza del messaggio francescano non si limitò agli affreschi dedicati al santo, ma coinvolse l’intero sviluppo della pittura italiana del periodo. L’esigenza di un’arte più attenta alla natura, alla figura umana e alla commozione suscitata dai fatti sacri incontrò le esperienze di numerosi artisti, pronti a spingersi oltre l’iconografia bizantina e la rigidità delle forme. Fu il momento in cui si iniziò a cogliere la potenzialità del colore e la delicatezza delle espressioni, aprendo la strada a una lettura più immediata e partecipata dei temi religiosi. Il nascente “realismo mistico” trovò in Francesco un soggetto privilegiato per trasmettere i valori della carità cristiana e dell’amore per il mondo creato.

Dal fervore religioso all’espressione pittorica medievale

All’alba del XIII secolo, le botteghe italiane lavoravano per soddisfare una committenza ecclesiastica che iniziava a privilegiare la rappresentazione di episodi legati alla vita dei santi. Allo stesso tempo, i grandi maestri dell’area toscana e umbra arricchivano i loro repertori con sperimentazioni volte a potenziare l’impatto emotivo dell’immagine sacra. Tra le figure di spicco, Cimabue fu tra i primi a cercare un equilibrio tra la tradizione bizantina, ricca di ieraticità, e una nuova sensibilità che mirava a restituire volume e plasticità alle figure. La sua opera si contraddistingue per la tensione espressiva dei volti e per un primo tentativo di superare l’appiattimento tipico delle icone.

La raffigurazione di San Francesco nelle opere di Cimabue acquisisce un’aura solenne, quasi ieratica, ma al contempo s’intravede un’apertura verso una rappresentazione più intima del sacro. Nei dipinti dove appare il santo, emergono dettagli come la tonaca monacale stretta in vita da un semplice cordone, i piedi scalzi e le stimmate, attributi che alludono alla conformità con il Cristo sofferente. Il volto, spesso asciutto e di un pallore intenso, suggerisce penitenza e partecipazione al dolore umano, incarnando le virtù che la nuova spiritualità francescana voleva promuovere.

Il passaggio verso l’Umanesimo religioso

Il clima culturale del Trecento vide l’ascesa di maestri che, partendo dalle novità di Cimabue, spinsero la pittura verso un’ulteriore evoluzione. Non si può tralasciare la presenza di Giotto, allievo ideale (se non storico) di Cimabue, che rivoluzionò la composizione pittorica e la narrazione sacra grazie a un’inedita profondità spaziale e a una maggiore umanità nei volti. Giotto, negli affreschi della Basilica Superiore di Assisi, diede forma a una lunga sequenza di episodi della vita di San Francesco, enfatizzando la concretezza delle scene e la partecipazione emotiva dei protagonisti.

Nello stesso solco, anche altri artisti iniziarono a interpretare la figura del santo in un’ottica più personale, favorendo un approccio devozionale che spingesse i fedeli all’immedesimazione. L’immagine di Francesco si fece così più vicina all’esperienza quotidiana, sottolineando la fraternità universale celebrata anche dal Cantico delle Creature. Quest’ultimo, con il suo linguaggio poetico, sembrò ispirare i pittori a dialogare con il paesaggio circostante, inserendo elementi naturali più definiti e riconoscibili. Il santo, circondato da animali, alberi e creature diverse, divenne il simbolo di un ordine cosmico che vede l’uomo parte integrante della Creazione.

L’eredità di Cimabue e la transizione verso il rinnovamento

Nel contesto appena descritto, l’arte di Cimabue si pone come un ponte tra il passato e il futuro. Da un lato, mantiene la solennità bizantina, con i fondi oro e la frontalità dei soggetti; dall’altro, apre il cammino a forme più dolci e a un dialogo implicito con lo spazio. Il suo linguaggio pittorico è caratterizzato da pieghe più morbide, dai primi accenni di prospettiva e da un tentativo di rendere le figure più solide. Nel raffigurare San Francesco, Cimabue riesce a esprimere un sentimento di venerazione e, al tempo stesso, un’inquietudine intima, come se il santo fosse consapevole della sua missione profetica e del peso delle stimmate.

Attraverso tali intuizioni, l’arte italiana si avviò verso un periodo di grandi trasformazioni, che avrebbero portato, in epoche successive, allo splendore dell’Umanesimo e del Rinascimento. Il germe dell’attenzione verso l’uomo, pur restando in una cornice profondamente religiosa, cominciò a fiorire nel contesto francescano, per poi dilagare in una moltitudine di generi pittorici che avrebbero segnato i secoli a venire.

Il percorso espositivo in “San Francesco, tra Cimabue e Perugino. Nel Giubileo con il Cantico delle Creature”

All’interno degli spazi espositivi della Biblioteca del Senato Giovanni Spadolini, il visitatore potrà intraprendere un viaggio che coniuga la dimensione storica, artistica e spirituale. Il racconto si snoda attraverso diverse sezioni, organizzate secondo un criterio cronologico e tematico, per illustrare la lenta ma decisiva trasformazione dell’iconografia francescana dal XIII al XV secolo. In mostra, verranno presentati dipinti e tavole d’altare che mettono in relazione la figura del santo con le trasformazioni della pittura italiana, mostrando come le intuizioni di Cimabue abbiano influenzato non solo Giotto, ma anche generazioni di artisti, fino ad arrivare a Perugino.

L’accostamento di opere provenienti da diversi contesti geografici permetterà di osservare come la devozione a Francesco fosse sentita in maniera capillare in tutta la penisola, ma interpretata con sensibilità diversa a seconda delle scuole pittoriche locali. Le prime sezioni si concentrano sulle sperimentazioni che interessarono l’area toscana, evidenziando l’influsso di Cimabue e, successivamente, l’impulso rivoluzionario di Giotto. La narrazione prosegue con una panoramica sull’area umbra, dove figure come Benozzo Gozzoli e Gentile da Fabriano (pur con il loro personale stile) ereditano il lascito francescano, caricandolo di sfumature devozionali e di un rapporto sempre più intenso con il paesaggio naturale.

Sezioni tematiche e opere di spicco

Nella sala introduttiva, viene proposto un inquadramento storico del movimento francescano, con documenti d’archivio e testimonianze scritte che gettano luce sulla predicazione del santo e sul successo del suo ordine. Una parete interamente dedicata al Cantico delle Creature offre una lettura iconografica del testo, evidenziando le metafore visive che numerosi maestri hanno incarnato nelle loro opere.

La sezione successiva è incentrata sull’importanza di Cimabue come iniziatore di un nuovo lessico pittorico: non mancano tavole in cui compare San Francesco, ritratto con sguardo assorto e stimmate ben visibili, segno della partecipazione mistica alle sofferenze di Cristo. A fianco di tali capolavori, si trovano esempi di pittori minori che hanno saputo cogliere e reinterpretare il messaggio di semplicità francescana.

Capolavori dei maestri italiani

Tra i momenti più attesi dell’esposizione figurano le opere di maestri che, pur non potendo essere presentati in maniera esaustiva, compongono un mosaico significativo dell’evoluzione artistica. Si possono ammirare affreschi staccati, frammenti di polittici e pale d’altare provenienti da chiese e collezioni private. Oltre alle tele più celebri, l’allestimento valorizza anche opere meno note, che documentano la diffusione del culto di San Francesco in regioni distanti, mostrando la capillarità del fenomeno.

Un’attenzione particolare è riservata all’arte di Perugino, la cui produzione segna uno snodo essenziale per comprendere la progressiva conquista dello spazio prospettico, l’armonia cromatica e la dolcezza delle fisionomie. Nei suoi dipinti, la figura del santo viene immersa in paesaggi di quieta bellezza, come se la natura fosse una cornice ideale per la contemplazione. L’utilizzo di colori tenui e la predilezione per un equilibrato sviluppo compositivo mettono in evidenza come, con Perugino, la lezione di Giotto e Cimabue raggiunga una forma più matura e classicamente armonica.

Alcuni confronti diretti fra opere di Cimabue e Perugino mostrano il salto estetico e concettuale compiuto in meno di due secoli: dal robusto impatto emotivo e arcaizzante del primo, alla raffinata serenità del secondo. In ciò si rispecchia l’evoluzione della spiritualità francescana stessa, passata da un fervore mistico iniziale, spesso intriso di patimenti e penitenze, a un sentimento devozionale che volgeva lo sguardo a una visione più pacificata e rasserenante del rapporto con il divino.

Perché visitare la mostra

La scelta di ospitare questa esposizione durante il Giubileo non è casuale. Gli Anni Santi rappresentano momenti di riflessione e pellegrinaggio, in cui la dimensione spirituale si intreccia con quella culturale. In tal senso, la mostra offre un’occasione privilegiata per riscoprire il valore della tradizione artistica italiana e insieme della semplicità evangelica. L’aver collocato l’evento presso la Biblioteca del Senato Giovanni Spadolini assume un significato di alto prestigio, poiché pone in dialogo la ricerca storica e la devozione popolare all’interno di uno spazio istituzionale, favorendo la comprensione della ricca eredità francescana anche in termini civili e sociali.

L’incontro con le opere di Cimabue e Perugino permette di toccare con mano il percorso compiuto da una generazione di artisti che ha posto al centro della propria poetica il sacro, declinandolo in forme sempre più aderenti alla realtà umana. È un percorso che riflette anche l’evoluzione della teologia e della liturgia, passata gradualmente da toni solenni e metafisici a un coinvolgimento empatico del fedele-spettatore, invitato a riconoscere nella storia sacra le proprie esperienze di vita. Così, l’osservazione della figura di San Francesco diventa un modo per comprendere i mutamenti del sentire religioso e artistico in un momento cruciale della nostra storia.

L’esperienza estetica e spirituale

Visitare l’esposizione significa immergersi in un contesto che va ben oltre la contemplazione passiva di opere d’arte. Ogni sezione è stata curata per offrire un’esperienza conoscitiva e, al contempo, suggestiva, capace di coinvolgere sia lo studioso, desideroso di cogliere dettagli stilistici e tecnici, sia il visitatore che si avvicina con un cuore aperto alla riflessione. La presenza di documenti rari, testimonianze antiche e apparati multimediali contribuisce a creare un percorso organico, in cui la figura del santo è posta in relazione con un più ampio orizzonte storico.

L’atmosfera che si respira tra queste opere invita alla meditazione sull’impatto che il messaggio di Francesco, espresso in testi come il Cantico delle Creature, ha avuto nel rinnovare la visione della Chiesa e della società. L’arte diventa così uno specchio attraverso cui leggere i mutamenti del pensiero e delle emozioni umane. Per coloro che desiderano approfondire, il ricco apparato didattico permette di apprezzare come lo spirito francescano si sia tradotto, di volta in volta, in un linguaggio pittorico diverso, dall’intensità delle prime rappresentazioni trecentesche fino alla grazia rinascimentale di Perugino.

Uno sguardo sulla storia dell’arte e della fede

L’evento rappresenta un’occasione unica per chiunque voglia esplorare in modo approfondito l’interazione tra spiritualità e produzione artistica. La storia di San Francesco è un paradigma di come la fede possa plasmare le coscienze, generando un rinnovamento che dalla sfera religiosa si riversa in quella culturale. Ammirare le diverse sfumature con cui i pittori hanno colto i tratti del santo e il suo rapporto con il mondo, significa comprendere come ogni epoca reinterpretasse l’eredità francescana alla luce dei propri interrogativi sociali, teologici ed estetici.

In parallelo, il confronto tra Cimabue e Perugino rivela come l’arte possa fungere da cronaca visiva del passaggio dal Medioevo al Rinascimento, illustrando un percorso che non è solo stilistico, ma anche culturale. La consapevolezza prospettica, la resa realistica dei volti e la delicatezza dei paesaggi, tipiche delle opere del Perugino, testimoniano un’aspirazione sempre più marcata a inserire l’uomo in un ordine cosmico armonioso. Mentre Cimabue, con la sua austera poetica, richiama un senso di devozione appassionata, in Perugino si avverte la necessità di conciliare la semplicità dell’esempio francescano con una ricerca di equilibrio e grazia formale.

Nel corso della visita, ci si troverà di fronte a un vero e proprio racconto corale, in cui la lezione francescana si fa tramite per leggere le molteplici sfaccettature di un’epoca in cui la fede permeava tutti gli aspetti della vita. Dalle rappresentazioni del santo in estasi alle raffigurazioni dei suoi miracoli e momenti di predicazione, emergono valori che, seppur radicati nel Medioevo, conservano un messaggio universale. La spiritualità di Francesco, rivisitata attraverso la forza della pittura, si fa ponte tra passato e presente, ricordandoci come l’arte abbia sempre la capacità di parlare alle diverse generazioni.

Il richiamo al Cantico delle Creature, infine, affiora come elemento unificante di un percorso che non è solo storico, ma anche interiore. Di fronte alle opere che traducono in immagini la lode a Dio per “frate Sole”, “sora Luna” e tutte le creature, il visitatore può cogliere la dimensione cosmica e fraterna di un messaggio di straordinaria attualità, che riconosce nella natura una fonte di incanto e responsabilità.

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