23 Giugno - 14 Settembre 2025
Galleria d'Arte Moderna
Dal 23 giugno 2023 al 14 settembre 2025, la Galleria d’Arte Moderna di Roma accoglie l’affascinante ritorno di L’allieva di danza di Venanzo Crocetti. Un viaggio tra eleganza e padronanza tecnica, in cui la scultura rivela l’armonia tra arte e movimento, omaggiando il concetto di bellezza classica e l’eterna ricerca espressiva che attraversa la storia della danza.
Nell’atmosfera suggestiva della Galleria d’Arte Moderna, questa mostra propone un confronto approfondito con un capolavoro che ha segnato la vicenda artistica di Venanzo Crocetti. L’evento, aperto dal 23 giugno 2023 fino al 14 settembre 2025, mette in luce l’importanza dell’opera nel panorama della scultura del Novecento, evidenziando il ruolo cardine della danza come fonte di ispirazione.
Esposta per la prima volta dopo un’attenta analisi storica e un rinnovato allestimento, L’allieva di danza testimonia la straordinaria capacità di cogliere i dettagli del corpo in movimento e di trasmettere l’intensità della passione coreutica. Il percorso espositivo offre un’immersione nei modelli di riferimento che influenzarono l’artista, sottolineando come la tradizione classica e la tensione verso la modernità possano fondersi in un linguaggio unico. Un’occasione irripetibile per osservare come l’energia della danza prenda forma in bronzo, offrendo allo sguardo dei visitatori un delicato equilibrio tra ritmo, plasticità e mimesi.
Venanzo Crocetti, nato a Giulianova nel 1913, si formò in un periodo storico complesso, segnato dalle tensioni sociali e culturali del Novecento italiano. Fin dai primi anni di studio mostrò uno spiccato interesse per la scultura e le tecniche di lavorazione dei materiali, affascinato dalla capacità plastica del bronzo e dalla sua risonanza con la tradizione classica. L’educazione artistica di Crocetti si nutre della grande stagione accademica italiana, filtrata attraverso lo sguardo di maestri che privilegiavano lo studio approfondito del corpo umano e l’osservazione della natura come base imprescindibile per ogni interpretazione artistica.
Lo spirito innovativo di Crocetti emerge già nel primo periodo: l’artista, sebbene radicato in una scuola di pensiero legata ai canoni estetici tradizionali, iniziò presto a sperimentare soluzioni stilistiche in grado di restituire un senso vibrante di vitalità. Le influenze derivanti dal mondo antico, dalla scultura greca e romana, si intrecciano con i fermenti che si stavano diffondendo in Europa, come l’aspirazione a cogliere il dinamismo insito nella figura umana. Questa sintesi originale fa di Crocetti un artista difficile da collocare in un’unica corrente, poiché la sua ricerca non si esaurì mai in un solo indirizzo, ma trovò nuove sollecitazioni nel dialogo con i cambiamenti del proprio tempo.
Le prime esperienze di Venanzo Crocetti si svilupparono attraverso un confronto continuo con la statuaria classica. Divenne naturale per il giovane artista dedicarsi al disegno dal vero, eseguendo studi anatomici che avrebbero segnato la sua futura produzione. L’approccio analitico lo spinse a comprendere a fondo l’architettura interna del corpo umano, così da restituirne la complessità volumetrica nella tridimensionalità del bronzo. Alla base di questa scelta vi era la volontà di rintracciare, in ogni soggetto, l’essenza del movimento e dell’espressione, come si noterà in tutte le sue opere mature.
Durante la fase successiva, Crocetti esplorò differenti tematiche, con particolare predilezione per la rappresentazione del corpo in atteggiamenti dinamici. Gli anni Trenta e Quaranta costituirono per lui un periodo fervido di produzione, in cui eseguì diverse commissioni che iniziavano a farlo conoscere nel panorama artistico nazionale. I riconoscimenti non tardarono ad arrivare, e l’artista venne invitato a partecipare a prestigiose esposizioni, dove ottenne apprezzamenti per la sua abilità nel trattare il modellato con naturalezza e intensità.
Al di là delle singole opere, ciò che colpisce nell’iter creativo di Crocetti è la coerenza interna del suo stile, manifestata in un’armonia costante tra ispirazioni classiche e spinte innovative. L’artista sperimentò diverse tecniche, confrontandosi con il marmo e con fusioni in bronzo, prediligendo quest’ultimo materiale per la sua resa morbida e la sua peculiare capacità di catturare la luce. L’interesse per il disegno, inteso come strumento propedeutico alla scultura, emerge nei numerosi schizzi preparatori, dove si nota la ricerca di soluzioni formali nel tentativo di restituire la vivacità di un gesto o di uno sguardo.
Il connubio tra tradizione e modernità fu, per Crocetti, fonte di costante crescita: se da un lato ammirava i maestri del passato, dall’altro coltivava uno spirito curioso verso le evoluzioni del suo presente. Questo equilibrio gli permise di realizzare opere dotate di una profonda autonomia espressiva, in cui il retaggio classico non risultava mai sterile citazione, bensì un vocabolario rielaborato con personale sensibilità. Alla radice di tale percorso si colloca la scoperta del movimento come principio generativo, un concetto che, nel caso de L’allieva di danza, trova una delle sue massime espressioni.
La mostra “L’allieva di danza di Venanzo Crocetti. Il ritorno”, ospitata nella splendida cornice della Galleria d’Arte Moderna, si concentra su una scultura che racchiude e sublima la poetica dell’artista. L’allieva di danza si distingue come esempio altissimo di come la passione per la danza possa tradursi in bronzo, offrendo un ritratto estremamente sensibile della figura femminile in un frangente di studio e concentrazione. L’opera non si limita a rappresentare una giovane danzatrice, ma diventa un vero e proprio manifesto di eleganza e forza interiore, in cui la compostezza del gesto si fonde con un’intensa carica emotiva.
L’idea del “ritorno” evoca non solo il percorso fisico della scultura, ma anche un ritorno di interesse critico e pubblico verso uno dei momenti più alti della produzione di Venanzo Crocetti. La presenza di questa creazione in sala rappresenta infatti un’occasione per ripercorrere le fonti e le suggestioni che hanno guidato l’artista: dal dialogo con i grandi scultori rinascimentali e barocchi, fino a una personale rivisitazione del corpo umano in danza. L’allestimento pone l’accento sulla fusione tra ispirazione e lavoro manuale, consentendo di cogliere i passaggi che hanno portato Crocetti a ricercare la massima sintesi formale nell’atto dinamico.
Uno dei tratti distintivi di L’allieva di danza risiede nel sottile equilibrio tra delicatezza e fermezza dei volumi, un aspetto che rivela la padronanza con cui l’artista definisce ogni dettaglio. La giovane danzatrice, nell’atto di sostenere la propria posa, suggerisce la tensione necessaria a eseguire con grazia un movimento complesso. Le linee del corpo, pur esibendo un’evidente chiarezza anatomica, non risultano mai didascaliche, poiché Crocetti predilige una resa che veicola anche la dimensione interiore del soggetto. In questo senso, la scultura traduce in bronzo i concetti di misura e di controllo appresi durante lo studio coreutico, incarnando un ideale di bellezza che si nutre tanto di precisione plastica quanto di una poetica spirituale del gesto.
Nel realizzare L’allieva di danza, Venanzo Crocetti si confronta con un tema caro all’arte di ogni epoca, ovvero la rappresentazione del corpo in movimento. Dai fregi del Partenone alle tele di Edgar Degas, l’artista eredita una lunga tradizione di riflessione sul gesto danzante, reinterpretandola con sensibilità novecentesca. Benché radicato in un robusto impianto accademico, Crocetti si è spinto a rinnovare costantemente il suo repertorio, cercando di restituire non solo la grazia esteriore della ballerina, ma anche la concentrazione interiore che l’atto del danzare comporta. Da questo punto di vista, la scultura si configura come una sintesi di studi attenti, combinati con la volontà di superare l’immobilità per catturare un istante sospeso fra energia e compostezza.
Nel contesto della mostra, la presenza de L’allieva di danza consente di rivalutare anche l’approccio plastico di Crocetti nel suo complesso. La scultura, collocata secondo un criterio che ne valorizza la tridimensionalità, permette al visitatore di coglierne ogni prospettiva e di scoprire sfumature differenti da vari punti di osservazione. Il dialogo tra luce e ombra, elemento cruciale del medium bronzeo, arricchisce la percezione dell’opera, facendo emergere i passaggi più significativi del modellato.
Attraverso un confronto con altre opere selezionate, si evince come la danza, per Venanzo Crocetti, non fosse solamente un soggetto tra i tanti, bensì un veicolo privilegiato per esprimere la tensione tra interiorità ed esteriorità. Lo stato di concentrazione della giovane ballerina potrebbe essere letto anche come metafora dello sforzo creativo stesso, un atto di profonda introspezione che, pur rimanendo intimo, si apre allo sguardo del pubblico. In tal senso, la mostra offre un momento di riflessione sulla continuità e sull’evoluzione del linguaggio scultoreo, evidenziando come un tema consolidato quale la danza possa ancora rivelarsi fonte di nuovi significati.
La sezione dedicata al percorso espositivo include non soltanto L’allieva di danza, ma anche una selezione di materiali in grado di contestualizzare la genesi dell’opera. Sono presenti bozzetti e schizzi preparatori che documentano le varie fasi di studio e di affinamento della posa. Tali disegni, realizzati con rapidità ed essenzialità, rivelano la volontà di Crocetti di catturare l’essenza del movimento attraverso pochi tratti precisi. La sezione dei gessi preparatori, invece, mostra come l’artista procedesse per approssimazioni successive, lavorando su dettagli specifici, dal profilo del volto alla torsione del busto, fino a ottenere la completezza espressiva della scultura finale.
Accanto a questi studi, materiali d’archivio quali documenti, fotografie d’epoca e stralci di corrispondenza permettono di ricostruire l’iter che ha portato alla realizzazione dell’opera, mettendo in luce il clima culturale in cui essa si inseriva. In particolare, alcune lettere tra Crocetti e critici dell’epoca testimoniano lo stato della riflessione estetica italiana in merito alla rappresentazione della danza, oscillante tra il desiderio di preservare l’eredità classica e la volontà di sperimentare nuovi linguaggi espressivi.
Un aspetto particolarmente interessante per gli appassionati di scultura e tecnica è la ricostruzione dell’intero processo di fusione in bronzo. Il percorso illustra i passaggi fondamentali, a cominciare dalla preparazione del modello in cera persa, fino alla finitura manuale dell’opera. La scelta di mostrare attrezzi, calchi e strumenti dell’epoca si rivela preziosa, poiché consente al pubblico di comprendere concretamente la complessità della lavorazione. Conoscere le fasi che compongono questo iter permette di apprezzare, in L’allieva di danza, ogni minima increspatura della superficie e ogni tratto di bulino come frutto di un’elaborazione paziente, in cui la mano dell’artista dialoga con la materia.
Nell’ambito dell’esposizione, un’attenzione speciale è riservata agli studi sul movimento, tema che attraversa gran parte della produzione di Crocetti. Diversi disegni e piccole sculture testimoniano la volontà di esplorare il corpo in azione, cogliendone i momenti di transizione e i cambi di peso tra un appoggio e l’altro. Questa ricerca consente di legare la figura della ballerina a una più ampia riflessione sull’essenza del dinamismo corporeo, che per Crocetti coincideva con la vitalità stessa dell’essere umano. L’osservatore può così riconoscere nella posa della danzatrice un punto d’arrivo, il frutto di un lungo itinerario di tentativi e verifiche formali, conclusosi nel gesto apparentemente più semplice ma in realtà carico di tensione.
Per comprendere la portata de L’allieva di danza all’interno del corpus artistico di Venanzo Crocetti, la mostra propone anche alcuni confronti con altre sculture realizzate in epoche diverse. Si va da soggetti sacri, come figure di santi e Madonne, a composizioni più laiche, tra ritratti di personalità illustri e scene di vita comune. Osservando questi accostamenti, emerge come l’interesse per il movimento non fosse mai disgiunto da un’esigenza di profonda umanità: tutte le figure plasmate da Crocetti sembrano animate da uno slancio vitale che le rende presenti, quasi tangibili, pur rimanendo sospese in una dimensione ideale.
In particolare, l’arte sacra dell’autore rivela un’attenzione costante alle pieghe dei panneggi e alle tensioni del corpo, caratteristiche che ritornano, seppure in diverso contesto, anche nella resa della ballerina. L’opera sacra e quella profana, dunque, condividono il medesimo sforzo di rendere visibile l’invisibile, ossia la forza interiore che pervade il soggetto. Una lettura trasversale di questa produzione sottolinea così il fil rouge di una poetica incentrata sull’uomo e sul suo dialogo con il trascendente, di cui la danza costituisce una metafora privilegiata. L’itinerario espositivo, ben articolato, consente di cogliere appieno queste corrispondenze, permettendo al visitatore di stabilire un dialogo ideale tra le varie sfaccettature della scultura crocettiana.
La scelta di dedicare uno spazio significativo a L’allieva di danza evidenzia la volontà della Galleria d’Arte Moderna di riproporre al pubblico un capolavoro che, pur appartenendo al Novecento, incarna valori e suggestioni di carattere universale. L’esperienza di visitare questa esposizione non si riduce a un puro esercizio contemplativo: diventa occasione per riflettere su come l’atto della danza abbia sempre rappresentato, per l’umanità, un potente mezzo di espressione, dallo slancio dell’anima alla tensione del corpo. Nei gesti di un’allieva, più che in quelli di una ballerina già affermata, si percepisce l’essenza di un impegno quotidiano e di un superamento continuo, aspetti che connotano non soltanto la vita di un artista, ma ogni percorso di crescita.
La danza diventa qui metafora di quell’equilibrio necessario per vivere la realtà con grazia e determinazione. Il messaggio di L’allieva di danza appare tanto più attuale in un’epoca che tende a frantumare la concentrazione e l’attenzione verso il corpo. Al contrario, l’opera di Crocetti invita a recuperare una dimensione di ascolto interiore, a ritrovare la centralità del gesto e la sacralità del movimento come elementi indispensabili per una piena consapevolezza. Questo alone di sospensione e raccoglimento, che permea la scultura, la rende un punto di riferimento iconico per chi desidera farsi toccare dall’arte in modo profondo.
Uno dei motivi principali per cui vale la pena ammirare L’allieva di danza risiede nella sua capacità di unire spirito classico e sensibilità moderna. Nel corso dei secoli, tantissimi artisti hanno indagato il nesso tra staticità e movimento, tra l’ideale di perfezione e l’espressione individuale. Venanzo Crocetti si inserisce in questo filone con un linguaggio che, pur riconoscibile per la rigorosa compostezza formale, lascia emergere variazioni personali, piccole imperfezioni e vibrazioni che rendono l’opera viva e autentica.
Visitare la mostra significa riscoprire un rapporto organico con la classicità, intesa non come mera riproposizione di canoni passati, ma come orizzonte di tensione costante verso il bello e il vero. Questa prospettiva si apprezza ancora di più se si considera che la realizzazione di L’allieva di danza avvenne in un’epoca di grandi mutamenti socio-culturali, durante i quali Crocetti seppe mantenersi fedele a un percorso autonomo, lontano dalle facili mode e dai correnti opportunismi. La fusione tra radici profonde e volontà di sperimentare fa di questa scultura un’opera ponte, in grado di parlare tanto all’antichità quanto alla contemporaneità.
L’evento offre un’immersione rara nel processo creativo che dà vita alla scultura, in particolare quando questa si confronta con un soggetto complesso come il movimento danzante. La mostra illumina i numerosi passaggi che portano dall’intuizione iniziale al risultato finale, facendo emergere il taglio quasi “coreografico” con cui Crocetti organizza i piani e le forme. I visitatori hanno la possibilità di soffermarsi su dettagli specifici, come il modo in cui l’artista definisce la tensione del piede o l’inclinazione del capo, acquisendo così una consapevolezza più profonda del linguaggio plastico.
L’esperienza diventa per certi versi immersiva, perché invita a percepire la scultura non come un oggetto statico, ma come un essere pulsante di vita interiore. L’allestimento studiato per questa occasione contribuisce a sottolineare il rapporto fra opera e spazio: la giusta illuminazione e la disposizione dei riflessi bronzei creano una sorta di dialogo silenzioso, in cui lo spettatore si sente parte integrante della scena. In tal modo, emerge l’aspetto più affascinante della danza scolpita: la possibilità di suggerire, attraverso la forma, la continuità di un movimento che trascende il tempo e lo spazio.
In un panorama culturale spesso segnato dalla rapidità del consumo artistico, Venanzo Crocetti rappresenta un invito a riscoprire la profondità del gesto creativo. Nelle sue opere, la scultura non è un esercizio di stile, ma un mezzo per dare corpo a sentimenti, riflessioni e aneliti che appartengono all’uomo in ogni epoca. L’allieva di danza, con la sua delicatezza e il suo rigore, racchiude un messaggio di perseveranza e di elevazione, tanto fisica quanto spirituale.
I visitatori che si avvicinano alla mostra, magari privi di una preparazione specifica in ambito artistico, possono trovarvi un linguaggio accessibile e al contempo profondo. Questo perché Crocetti, pur muovendosi in un contesto di alta formazione estetica, ha sempre mantenuto al centro della sua poetica la persona, con le sue sfide e i suoi slanci. Il messaggio, dunque, risulta universale: l’invito ad andare oltre l’apparenza, a cogliere nella danza uno stato di grazia che scaturisce dalla fatica e dalla disciplina, a intravedere in un gesto silenzioso la sintesi di una storia personale.
La presentazione di L’allieva di danza in questa rinnovata veste rappresenta anche un richiamo alla responsabilità di preservare e di trasmettere il patrimonio artistico alle generazioni future. Le opere di Venanzo Crocetti, in virtù della loro qualità formale e del significato che racchiudono, meritano di essere conosciute e apprezzate non solo dagli studiosi di storia dell’arte, ma anche da un pubblico ampio. Il “ritorno” dell’opera in questione è un’occasione simbolica, che mostra come l’arte possa tornare sempre a parlarci, a condizione che ci si renda disponibili all’ascolto.
In fondo, la forza della danza sta proprio nella sua capacità di ripetersi ogni volta diversa, sempre rinnovata dall’interpretazione di chi la esegue. Analogamente, una scultura come L’allieva di danza conserva intatta la sua potenza evocativa, pronta a risvegliarsi a ogni nuovo sguardo, a ogni riflessione che la sfiora. La mostra diventa così un passaggio di testimone, un momento in cui l’eredità di Crocetti si rinnova attraverso l’esperienza diretta del pubblico, che ne accoglie il messaggio e lo arricchisce con il proprio vissuto.
Lungo questo viaggio, chiunque desideri esplorare i territori della **scultura** e della danza troverà validi spunti di riflessione e confronto. L’invito è rivolto sia ai cultori del bello sia a quanti coltivano la curiosità di avvicinarsi all’arte attraverso la ricerca di un sentimento del corpo e dello spirito. La Galleria d’Arte Moderna, con la sua atmosfera raccolta, offre il contesto ideale per un incontro ravvicinato con un’opera che sfida i limiti del tempo, diffondendo il riverbero di una grazia intessuta di disciplina e emozione.
La mostra, aperta dal 23 giugno 2023 al 14 settembre 2025, dà vita a un’esperienza articolata, in cui bozzetti, fotografie d’archivio e sculture dialogano fra loro con coerenza, proponendo uno spaccato esaustivo della poetica di Venanzo Crocetti e del suo rapporto privilegiato con la danza. Chi visiterà questo evento potrà scoprire quanto la contemplazione di un bronzo possa trasformarsi in scoperta di sé, rispecchiando nella compostezza del corpo scolpito l’aspirazione umana a trovare il proprio equilibrio. Ecco perché “il ritorno” di *L’allieva di danza* non è soltanto un fatto storico o artistico, ma il riemergere di un sentimento condiviso, che unisce tradizione e presente nel comune linguaggio della bellezza.
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