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Francesco Clemente. Anima nomade

23 Novembre - 30 Marzo 2025

Palazzo delle Esposizioni. Via Nazionale 194

La storia di Francesco Clemente intreccia esperienze culturali profonde, esplorazioni mistiche e continue contaminazioni. La mostra “Anima nomade” al Palazzo delle Esposizioni di Roma, in programma dal 23 novembre 2024 al 30 marzo 2025, promette un viaggio intenso tra immagini visionarie e simboli provenienti da mondi lontani, offrendo uno sguardo affascinante sulla poetica di un artista senza confini.

Francesco Clemente. Anima nomade. Tenda degli angeli, 2013-2014 (dettaglio)
Tenda degli angeli, 2013-2014 (dettaglio). Tecnica: tempera. Collezione dell’artista. Courtesy Francesco Clemente Studio

 

L’arte di Francesco Clemente si nutre di un costante dialogo con tradizioni pittoriche e spirituali provenienti da luoghi che l’artista ha visitato e studiato nel corso della sua lunga carriera. In quest’ottica, la mostra “Anima nomade”, allestita presso il Palazzo delle Esposizioni di Roma dal 23 novembre 2024 al 30 marzo 2025, diventa un’occasione irripetibile per immergersi in un universo visivo che sfugge a ogni definizione ristretta.

Il percorso proposto non si limita a mettere in evidenza la straordinaria padronanza tecnica del pittore napoletano, ma si spinge a illustrare un processo creativo in cui convivono testimonianze multiculturali, elementi esoterici e riflessioni sull’identità. Il visitatore è invitato a farsi testimone di un itinerario che interseca epoche e terre differenti, rendendo la pittura di Clemente una sorta di racconto in divenire. L’invito, dunque, è quello di lasciarsi trasportare dal fascino discreto delle opere esposte, in cui l’energia del colore e le forme visionarie creano un’intensa corrispondenza con la dimensione interiore di chi guarda.

La mostra “Francesco Clemente. Anima nomade” a Palazzo delle Esposizioni

La rassegna dal titolo “Francesco Clemente. Anima nomade” rappresenta un appuntamento di grande rilievo per il panorama dell’arte contemporanea in Italia. Curata con attenzione al percorso biografico dell’artista e alle molteplici fonti d’ispirazione, l’esposizione offre una selezione di opere che coprono momenti fondamentali della ricerca pittorica di Clemente. Benché sia noto a livello internazionale e abbia esposto in prestigiose istituzioni, egli mantiene sempre una forte connessione con l’Italia e la sua città d’origine, Napoli, oltre che con Roma, luogo di transito e di ritorni.

In questa mostra, il Palazzo delle Esposizioni diventa lo spazio ideale per accogliere la dimensione sperimentale dell’artista, da sempre affascinato dal potere narrativo di forme e simboli che sembrano trarre origine da un mondo onirico. L’allestimento punta a restituire la natura mobile e in perenne ricerca che contraddistingue l’opera di Clemente, valorizzando il suo sguardo globale e rendendo omaggio alla capacità dell’artista di rinnovare continuamente il suo linguaggio visivo, pur rimanendo fedele a una matrice concettuale immediatamente riconoscibile.

Una panoramica sulla produzione artistica di Clemente

Da quando apparve sulla scena internazionale negli anni Settanta, Francesco Clemente si distinse per la sua abilità nel tradurre in forme pittoriche suggestioni provenienti da culture lontane tra loro. La sua vicinanza all’estetica della Transavanguardia italiana — movimento nato dall’intuizione critica di Achille Bonito Oliva, che incoraggiava il ritorno alla pittura e la valorizzazione della soggettività dell’artista — fu accompagnata da un percorso personale che lo portò a confrontarsi con tradizioni artistiche e spirituali di paesi come l’India, l’Afghanistan e gli Stati Uniti.

In queste terre, spesso distanti dal punto di vista geografico ma vicine per l’interesse verso il simbolo e il rito, Clemente ha rintracciato l’energia di un’arte capace di superare le barriere linguistiche. Il pittore, infatti, dialoga con le tecniche dei miniaturisti indiani tanto quanto con la cultura post-pop americana, mantenendo viva la dimensione spirituale e la tensione metaforica che definiscono le sue tele. Da ciò nasce un corpus di opere in cui la figura umana si alterna a frammenti di paesaggi immaginari, in un susseguirsi di apparizioni iconiche e sfumature cromatiche cariche di misticismo.

L’interesse per l’iconografia sacra e profana

Uno dei tratti caratteristici del linguaggio di Clemente è il ricorso a un’iconografia che attinge sia al repertorio delle immagini sacre sia a quello profano, rielaborandolo attraverso una visione del tutto personale. L’artista, nel corso dei suoi numerosi soggiorni in Oriente, si è confrontato con culture dai forti caratteri mitologici e, al contempo, ha assimilato i modelli della tradizione occidentale, dando vita a una pittura che intreccia ascendenze classiche e riferimenti contemporanei.

Lo sguardo poliedrico di Clemente lo conduce a sperimentare formati diversi, dai monumentali dipinti a olio alle serie di disegni e acquerelli più intimi, spesso caratterizzati da una spontanea gestualità. In ogni declinazione, la sua opera restituisce una sensibilità aperta al potenziale spirituale dell’immagine, che si concretizza in figure allegoriche, quasi fossero emanazioni di un inconscio collettivo pronto a manifestarsi sulle superfici pittoriche.

Il tema del nomadismo artistico

Il titolo “Anima nomade” ben rappresenta la traiettoria esistenziale di Francesco Clemente, artista che ha fatto del viaggio una fonte inesauribile di ispirazione. Nomadismo non è solo sinonimo di movimento geografico, ma diviene la metafora di un’attitudine alla ricerca e alla sperimentazione continua. Nel corso della sua carriera, Clemente ha stabilito legami profondi con luoghi e culture che hanno influenzato in modo decisivo la sua produzione.

Da Napoli a New York, passando per lunghi periodi di lavoro in India, il pittore ha assimilato forme, simboli, tradizioni e dottrine religiose, traducendole in un vocabolario personale che sovverte l’idea di confine artistico e culturale. Questa propensione alla trasversalità emerge in opere dalle cromie intense e dalle narrazioni intime, dove si percepisce un continuo intreccio fra elementi orientali e occidentali, fra richiami alla storia dell’arte europea e influssi di sapore esotico.

Influenze multiculturali

È importante sottolineare come l’universo di Clemente nasca dall’innesto di molteplici influenze multiculturali. L’artista è stato profondamente toccato dagli insegnamenti e dalle immagini che ha incontrato nei suoi viaggi, rielaborandoli in chiave soggettiva. Ad esempio, la complessa simbologia hindu e buddhista, con il suo caleidoscopio di divinità e parabole spirituali, si riversa nelle sue tele come un flusso di presenze evanescenti, in bilico fra il sacro e il quotidiano.

Allo stesso modo, l’impronta newyorkese, spesso associata agli ambienti più sperimentali del mondo artistico statunitense, ha spinto Clemente a un confronto con il panorama postmoderno e con la libertà espressiva dei graffiti e del consumismo pop. Tuttavia, egli ha sempre evitato di uniformarsi a un’estetica specifica, mantenendo un profilo di singolare coerenza e intensità. Nel suo lavoro convivono dunque la miniatura indiana, la ricerca della luce tipica dell’arte mediterranea e i rimandi a correnti internazionali, tutte fuse in una poetica dal forte carattere autobiografico.

Viaggi in India

Nell’ambito della produzione di Clemente, l’India occupa un posto di grande rilievo. Fin dagli anni Settanta, l’artista ha trascorso lunghi periodi in diverse città indiane, affascinato dal patrimonio culturale di un Paese in cui il sacro e il profano si mescolano inestricabilmente. Queste esperienze hanno acceso il suo interesse per le tecniche tradizionali di pittura su carta, come la gouache e l’acquerello, ma soprattutto hanno alimentato la sua riflessione sul ruolo dell’immagine come veicolo di conoscenza e contemplazione.

Le opere nate dai contatti con l’India rivelano un approccio meditativo al gesto pittorico, arricchito da elementi figurativi e simbolici tratti dal repertorio induista e da riferimenti all’estetica popolare. I colori brillanti, i riferimenti a divinità e le figurazioni dal profilo onirico si intrecciano con motivi tipici dell’iconografia occidentale, determinando un cortocircuito visivo che riflette il senso di spaesamento e fascinazione provato dall’artista di fronte alla profondità culturale dell’Oriente. Da ciò scaturisce una pittura che, pur essendo radicata nel vissuto personale, ambisce a diventare universale.

Il percorso espositivo

All’interno del Palazzo delle Esposizioni, la mostra si organizza in un itinerario articolato, studiato per evidenziare i fili conduttori della ricerca di Clemente e permettere al pubblico di cogliere le diverse fasi evolutive della sua pittura. Le opere in mostra, frutto di molteplici tecniche e dimensioni, raccontano una storia che affonda le radici nella ricerca spirituale e nella molteplicità delle tradizioni artistiche. Il filo rosso è la volontà di rappresentare il corpo e la mente come territori in continua trasformazione, luoghi di passaggio e di sedimentazione di memorie.

Gli ambienti allestiti sono concepiti per sottolineare la densità simbolica di ciascun dipinto, mettendo in luce la capacità di Francesco Clemente di dialogare con la materia pittorica in maniera quasi mistica. Le sale si susseguono in modo da offrire allo spettatore un’esperienza progressiva: dalle opere che rivelano l’incontro con la cultura indiana a quelle in cui emerge più forte l’influenza del mondo occidentale, fino a comprendere tele di carattere più intimo, in cui l’artista sembra riflettere su temi esistenziali e concettuali. Questa pluralità di registri visivi rispecchia la personalità di Clemente, da sempre in bilico tra la dimensione più cosmopolita e la ricerca di una spiritualità interiorizzata.

Sezioni principali

Il percorso espositivo è suddiviso in sezioni che riflettono i periodi fondamentali della carriera di Clemente e le principali tematiche da lui affrontate. Si parte da una selezione di lavori realizzati negli anni Settanta, che testimoniano il suo rapporto con la Transavanguardia e la tensione verso un ritorno alla figurazione. Qui emergono i primi accenni al carattere nomade e interdisciplinare dell’artista, già deciso a smarcarsi dai linguaggi dominanti e dalle correnti più accademiche.

Nella seconda sezione, l’attenzione si concentra sulle opere nate dai viaggi in Oriente, in cui domina la ricerca della spiritualità e l’esplorazione del corpo come strumento di accesso a una dimensione interiore profonda. È il momento in cui i colori si fanno più intensi, e la narrazione pittorica si popola di figure ibride, simboli sacri e richiami a tradizioni millenarie. Proseguendo, il pubblico incontra una sezione dedicata all’esperienza americana, dove il contatto con la scena newyorkese e con artisti internazionali si traduce in un approccio sperimentale che attinge anche a tecniche miste, come collage e assemblaggi.

Infine, le ultime sale mostrano opere più recenti, espressione di una maturità artistica in cui le molteplici voci che hanno caratterizzato la produzione di Clemente trovano un equilibrio più armonico. Qui, l’artista sembra fondere in modo ancora più consapevole le diverse ispirazioni raccolte nel tempo, sintetizzandole in una grammatica pittorica dal respiro universale. L’intero percorso vuole sottolineare come, nel caso di Clemente, l’atto creativo sia davvero un viaggio dell’anima, un continuo spostamento fra mondi e prospettive.

Opere di grande formato

Una delle particolarità di questa esposizione è la presenza di opere di grande formato, che permettono di apprezzare a pieno l’impatto visivo dell’universo clementiano. L’artista, infatti, spesso realizza tele monumentali in cui sperimenta tecniche diverse, dalla pittura a olio ai pastelli a cera, spaziando tra sovrapposizioni di colore e tratti più grafici.

Questi lavori, oltre a catturare l’attenzione per la loro imponenza, testimoniano la capacità di Clemente di mettere al centro la corporeità, intesa sia come corpo fisico sia come corpo cosmico, veicolo dell’esperienza spirituale e strumento di dialogo con il mondo. Muovendosi davanti a tali opere, si ha l’impressione di entrare in un universo simbolico, dove ogni dettaglio rimanda a un rimeditato bagaglio di memorie e suggestioni. L’incontro con il grande formato diventa dunque un momento di immersione profonda, quasi un atto contemplativo che rispecchia lo spirito di ricerca continua che alimenta la poetica dell’artista.

Perché visitare la mostra

La mostra “Francesco Clemente. Anima nomade” offre un’occasione rara per avvicinarsi in modo organico all’universo creativo di un pittore che ha segnato in maniera indelebile la scena artistica contemporanea. Il visitatore potrà intraprendere un viaggio nella spiritualità e nell’immaginario di un autore che ha sempre rifiutato ogni forma di categorizzazione e che, attraverso il movimento fisico e mentale, ha tradotto in pittura il senso profondo dell’erranza e della scoperta.

Osservare da vicino i dipinti di Clemente significa cogliere il pulsare di un’energia intrisa di simboli, rimandi filosofici e aperture poetiche. L’artista è capace di raccontare storie senza tempo, in cui l’uomo e la natura si fondono in un connubio di luci e ombre, di tensioni e armonie. In un contesto come quello di Roma, culla di civiltà millenarie, l’incontro con questa particolare ricerca pittorica assume ulteriore fascino, rafforzando il dialogo tra passato e presente, tra memoria e futuro.

Un’esperienza immersiva

A rendere la visita un’esperienza immersiva contribuisce la struttura narrativa dell’allestimento, che accompagna il pubblico attraverso le tappe cruciali del cammino espressivo di Clemente. Le sue opere, talvolta visionarie e imbevute di spiritualità, invitano a un confronto diretto: ci si trova di fronte a tele che sembrano respirare, a immagini che sembrano in continuo mutamento, come se l’artista volesse catturare l’essenza fuggevole dell’esistenza.

La qualità quasi ipnotica dei colori, dal rosso intenso al blu profondo, e la ricchezza di segni e simboli offrono uno spunto di riflessione sulle possibili intersezioni tra l’arte, la filosofia e le pratiche contemplative. In questa prospettiva, la mostra si rivolge non solo a un pubblico di appassionati, ma a chiunque cerchi nell’opera d’arte un varco verso l’interiorità, una via per esplorare i meccanismi più segreti della visione e del pensiero.

Riflessioni sulla spiritualità

La spiritualità è un tema portante nell’opera di Clemente, e si manifesta in modi diversi: a volte attraverso riferimenti espliciti a divinità o tradizioni religiose, altre volte con immagini che suggeriscono stati di trance o di meditazione. Lo spettatore, immerso nel silenzio delle sale, può avvertire un senso di sacralità che traspare dall’intreccio dei colori e dall’enigmaticità di alcuni soggetti, quasi fossero porte d’accesso a mondi ulteriori.

Questo approccio rende la fruizione delle opere un’esperienza contemplativa, dove lo scorrere del tempo rallenta e si ha la possibilità di riflettere sulla dimensione simbolica della realtà. Per Clemente, la pittura diventa un canale di conoscenza, un tentativo di catturare l’invisibile e di restituirlo sotto forma di segni tangibili. In questo senso, il visitatore è invitato a interrogarsi sul proprio rapporto con l’arte, sulla propria capacità di percepire e di dare un senso alle forme che emergono dalla tela, come in un rito laico di scoperta e di rivelazione.

In conclusione, addentrarsi nei meandri della mostra “Anima nomade” significa confrontarsi con il potere dell’immaginazione e con l’energia inesauribile di un autore che ha intrapreso, per tutta la vita, un vero e proprio pellegrinaggio artistico. Le sue opere raccontano di viaggi, incontri, esperienze mistiche, ma anche di una ricerca che mette al centro l’identità umana e la sua costante evoluzione. L’universalità del messaggio di Clemente, pur radicato in un ventaglio di riferimenti specifici, lo rende capace di parlare a ogni visitatore, invitandolo a riscoprire il senso più profondo della creazione e della contemplazione.

All’interno dei numerosi dipinti esposti, le figure si stagliano su sfondi irreali, rievocando, al contempo, memorie d’infanzia e orizzonti futuri. Il confine tra esterno e interno si fa labile, aprendosi a una moltitudine di interpretazioni. Come suggerisce l’idea stessa di “anima nomade”, il processo artistico si configura come un eterno ritorno a se stessi, un perenne rinnovamento dello sguardo, una continua reinvenzione dell’immaginario.

Ecco perché un’occasione come questa, ospitata in uno dei luoghi più importanti per l’arte e la cultura di Roma, merita attenzione: il racconto della pittura di Clemente non si esaurisce nella mera descrizione figurativa, ma invita ognuno di noi a interrogarsi sulla propria relazione con lo spazio, con la storia e con il mistero che popola la quotidianità. Sotto la superficie cromatica, si cela il battito di un mondo interiore che l’artista ha saputo nutrire di viaggi e visioni, e che ora rivela i suoi segreti a chiunque sia pronto ad accoglierli.

Dall’intenso abbraccio tra tradizioni lontane, emergono dunque opere che incarnano un inno alla libertà creativa, una riflessione filosofica sulla possibilità di trovare, nel nomadismo, un nuovo equilibrio. L’itinerario proposto mette in luce la virtù di un’arte che non ha paura di confrontarsi con la realtà più cruda, né con il soprannaturale o con l’abisso dell’ignoto. Al contrario, tutto si amalgama in un mosaico di esperienze che si alimentano a vicenda, raccontando un “altrove” che, alla fine, è sempre anche dentro di noi.

Chi si sofferma di fronte ai dipinti potrà percepire la forza di un gesto che è, allo stesso tempo, antichissimo e attuale: la pittura come rituale, come incontro tra le pulsioni più primordiali e la consapevolezza di una modernità sempre in bilico. In questo senso, Francesco Clemente non propone formule preconfezionate, ma traccia sentieri possibili, stimolando il visitatore a formulare domande e a costruire un dialogo immaginario con le opere. La magia della mostra sta proprio nell’equilibrio tra il dire e il non dire, tra la rivelazione e il mistero, tra la razionalità e il sogno.

Alla fine del viaggio, ognuno potrà conservare un’impressione diversa di quanto ha visto e vissuto. Per alcuni, potrebbe prevalere il ricordo dei colori avvolgenti e delle forme in movimento; per altri, potrebbe emergere la suggestione di motivi simbolici che richiamano culture e religioni differenti. Ciò che conta è l’esperienza di aver attraversato un cammino che ripercorre la parabola creativa di un artista iconico, noto per la sua capacità di racchiudere in un segno pittorico l’ampiezza di una dimensione transculturale.

In un tempo in cui le distanze sembrano assottigliarsi, ma le identità si fanno talvolta più rigide, l’arte di Clemente ci ricorda che la vera esplorazione non è solo fisica, bensì interiore. I luoghi da lui visitati diventano scenari dell’anima, tappe di un viaggio iniziatico che conduce a una comprensione più ampia di noi stessi e del mondo. Ed è proprio questo spirito di conoscenza, di apertura e di trasformazione a costituire il cuore pulsante di “Anima nomade”.

Spingendoci oltre la superficie, possiamo scorgere la tensione costante tra forme definite e spazi vuoti, tra tratti marcati e campiture tenui, come se le opere fossero il racconto di un tempo interiore, scandito dal silenzio e dalla meditazione. Le contraddizioni della condizione umana, tra il desiderio di radici e l’impulso a muoversi, trovano riscontro in un’iconografia mutevole, che apre a un dialogo con il visitatore e lo spinge a interrogarsi sulla natura stessa dell’essere. In questo modo, l’arte diventa un catalizzatore di riflessioni, una lente attraverso cui osservare il reale e immaginare l’oltre.

Ogni tela si presenta come il frammento di una storia più vasta, il tassello di un mosaico cosmopolita in cui emergono richiami alla filosofia orientale, alla mitologia classica, alla quotidianità metropolitana e alle più segrete risorse dell’inconscio. La fluidità dell’ispirazione di Clemente racconta la fiducia in un processo creativo aperto, in cui ogni esperienza, ogni incontro e ogni intuizione confluiscono in un costante divenire. È questa la vera ragione per cui la mostra al Palazzo delle Esposizioni merita di essere vissuta: per la possibilità di osservare, da vicino, le tracce di un percorso che ci riporta all’universalità dell’arte come strumento di conoscenza.

Non si tratta, infatti, di un mero assemblaggio di opere, ma di un invito alla contemplazione e al dialogo. Percorrendo le sale, si può quasi sentire il pulsare di un filo invisibile che lega culture e continenti, epoche passate e tensioni future, in un intreccio di codici e significati che si rivela a chiunque abbia la curiosità di sostare davanti alle tele e di lasciarsi interrogare dalla loro stratificazione simbolica. Che la si chiami erranza, nomadismo o ricerca, la spinta a superare confini — geografici e interiori — permea ogni quadro di Clemente, coinvolgendo chi guarda in un’esperienza di rinnovata percezione.

Così, questa mostra rappresenta un appuntamento imprescindibile per coloro che desiderino approfondire la conoscenza di un maestro dell’arte contemporanea e, al contempo, riflettere su temi che riguardano tutti noi: il significato del viaggio, la forza dell’immaginazione, l’impasto di culture che dà forma alla nostra identità, la necessità di espandere gli orizzonti del pensiero. Nel corso dei mesi di apertura, dal 23 novembre 2024 al 30 marzo 2025, *“Anima nomade”* si candida a essere uno dei punti di riferimento della stagione espositiva romana, catalizzando l’attenzione di un pubblico eterogeneo, dai neofiti agli intenditori.

Attraverso le sue opere, Francesco Clemente continua a dimostrare come l’arte possa farsi tramite di un’esperienza totalizzante, in cui la libertà interpretativa dello spettatore è parte integrante dell’opera stessa. Nessun messaggio univoco, nessuna verità assoluta, ma un invito costante a esplorare strade sempre nuove, a mettere in dubbio i propri punti di vista e a abbracciare la dimensione metamorfica dell’esistenza. Ecco la grande lezione di un artista che non ha mai smesso di viaggiare — fisicamente e intellettualmente — e che ci consegna, con ogni tela, un frammento della propria ricerca interiore e culturale.

In definitiva, il valore di questa mostra risiede nella sua capacità di restituire la complessità di un’avventura umana e artistica che si sviluppa attraverso diversi continenti e altrettante forme espressive. Un itinerario che parte dalle radici mediterranee di Napoli, passa per i colori e la spiritualità dell’India, si tuffa nella vitalità di New York e torna in Europa, consolidando un’identità che sfugge a qualsiasi definizione rigida. Dalle pareti del Palazzo delle Esposizioni, le opere di Clemente ci osservano con i loro sguardi silenti, e ci invitano a scoprire qualcosa in più non solo su di lui, ma anche su noi stessi.

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