Campidoglio
Prima costruzione: età del bronzo (XVII-XIV sec. a.c.) fino all’età del Ferro (IX-VIII sec.a.c.)
In foto: Vista dall’alto del Campidoglio
Situato nei pressi del Foro Romano, del Colosseo e del Palatino, il Campidoglio è il più piccolo dei sette colli di Roma. È stato un luogo strategico nell’antica Urbe e fu il centro del potere religioso e politico. Durante l’età repubblicana vi furono eretti diversi templi con vista sul Foro Romano, come il Tempio di Giove Capitolino, Tempio di Giunone Moneta e il Tempio di Minerva.
Ritrovamenti di ceramiche risalenti all’età del bronzo (circa 1300 a.C.) e una estesa attività artigianale dedita alla lavorazione dei metalli testimoniano che il Campidoglio fu abitato molto prima della fondazione di Roma.
Due alture, l’Arx e il Capitolium, caratterizzarono in origine il colle, separate da un piccolo avvallamento che il primo re Romolo utilizzò per accogliere gli abitanti dei centri vicini dal nome Asylum (da cui il nome).
La posizione strategica del colle con fianchi molto ripidi, ne faceva una vera e propria acropoli della città, un baluardo per la difesa degli abitanti dagli attacchi esterni. I primi cenni storici sul Campidoglio li ritroviamo in alcuni racconti ed opere di poeti latini (Orazio, Tacito, Ovidio, Tito Livio), in genere legati al valore religioso del colle.
L’origine ellenistica della fondazione di Roma ha trovato nel biografo Plutarco un narratore accurato. Enea, l’eroe troiano approdato sulle coste laziali dopo la caduta di Troia ebbe un figlio Ascanio che a sua volta diede vita alla stirpe reale di Alba Longa da cui discese Romolo fondatore della città. 1
Cruente lotte si scatenarono tra il popolo dei Sabini (1° millennio a.C) stanziati sul colle Quirinale e quello dei Romani (stanziati sul Palatino) per affermare il predominio del colle capitolino.
Il nome del colle deriverebbe proprio dal tempio di Giove Capitolino (Capitolium), o tempio di Giove Ottimo Massimo, il cui altare era dedicato alla triade capitolina (Giove, Giunone e Minerva).
Il nome capitolino deriva dal ritrovamento della testa (caput) di un guerriero etrusco Aulo Vipsania durante i numerosi scavi e restauri delle sue fondazioni per erigere il tempio.
Il nome dell’intero colle si ipotizza che sia stato creato da: caput Auli da cui Capitolium. Le dimensioni del tempio di Giove Capitolino, 53 m x 63, straordinarie in quel tempo, erano la prova del prestigio e della grandiosità della Roma dei Re nel VI secolo a.C.
Nelle Bucoliche di Virgilio, si racconta come i Romani avessero costruito un “ricchissimo” Tempio dedicato a Giove:
Hinc ad Tarpejam sedem, et Capitolia ducit;
Aurea nunc, olim silvestribus horrida dumin;
Jam tum religio pavidos terrebat agrestis
Dira loci; jam tum silvam, saxumque tremebant;
Hoc nemus, hunc, inquit, frondoso vertice collem,
Quis Deus incertus, habitat Deus. Arcades ipsum
Credunt se vidisse Jovem. 2
Dal testo si evince “da qui lo conduce al monte Tarpeo e al Campidoglio, ora d’oro, un tempo irto di rovi selvaggi ma sempre luogo di venerazione divina. I contadini tremavano impauriti in quella rocca con un bosco frondoso dove abitava un dio. Gli Arcadi credono aver visto lo stesso Giove…”. Il tempio fu consacrato nel 509 a.C.
Dal 750 a.C., la collina ha permesso il dominio sul controllo del traffico di terra e del fiume Tevere grazie alla sua altezza di 48 m.s.l.m. Qui il re etrusco Tarquino Prisco vi costruì l’imponente tempio di Giove facendolo assurgere a centro religioso nonché centro politico molto influente.
Alle pendici del Campidoglio, nel 78 a.C., per volontà del console Quinto Lutazio Catulo fu costruito il Tabularium per preservare le Tabule, in bronzo per meglio conservarle, sulle quali venivano incisi gli atti pubblici più importanti (decreti, leggi, trattati di pace etc…).
Era l’archivio di stato, smisurato e organizzato, a testimonianza della gigantesca organizzazione e saggezza romana nel documentare i valori reali e la cultura per la loro discendenza.
L’edificio, con le sue possenti strutture in peperino e tufo e con la sua facciata ad archi si erge su un alto basamento lungo 73,60 m. Fu edificato come roccaforte di difesa e innalzato al livello dell’Asylum. E’ lo stesso basamento che oggi sostiene l’odierno palazzo Senatorio, sede del Comune di Roma.
Ancora visibile il suo grande corridoio che poggia su una colossale sottostruttura, lungo 67 m che si affaccia sul foro romano. Tutti gli edifici romani utilizzarono il loggiato con le semicolonne che fu preso come modello per le costruzioni successive nell’epoca repubblicana.
Il Tabularium fa parte del complesso dei Musei Capitolini che attraverso la Galleria Lapidaria congiunge Palazzo Nuovo a Palazzo dei Conservatori. A oggi tre arcate perdurano ancora mentre del fregio dorico a metope e dei triglifi permangono solo poche tracce.
Dopo la caduta della monarchia con la rivolta popolare che destituì l’ultimo dei sette re di Roma, il tiranno Tarquinio il Superbo, l’età repubblicana (dal 509 al 27 a.C) iniziava con un sistema che mostrava il Senato, esercitare un ampio potere, a causa del prestigio collettivo dei suoi membri.
In questo contesto storico, emergevano per potenza due grandi famiglie, i Patrizi che potevano ricoprire cariche politiche o religiose, e i cittadini che non avevano autorità politica, i Plebei.
Anche se i contrasti tra le due classi continuarono ad estendersi per circa 2 secoli, i Plebei, che componevano il grosso dell’esercito, nel 494 a.C. organizzarono uno sciopero fuori città che ebbe il risultato di ottenere una propria assemblea, il Concilium Plebis.
Durante la prima repubblica romana, in virtù delle conquiste sugli etruschi, Roma espandeva il suo dominio in tutta Italia e importanti nuovi uffici e istituzioni politiche furono costruite. Ma ancora più prestigioso fu lo sviluppo di un’attività di grandiose costruzioni architettoniche che ancora oggi rappresentano il vanto e la gloria di Roma “caput mindi”. Di questi maestosi edifici ne è testimone il Campidoglio.
Nella società romana i templi avevano un’importante valenza religiosa e politica. Tra il III e il II secolo a.C. l’architettura dei templi romani rivelava un’ispirazione alla scuola ellenistica con il caratteristico stile decorativo, ma collocando l’altare all’interno del tempio.
Questa innovazione permetteva la creazione di luoghi di incontro, di forum di cui il tempio era il cuore. L’architettura del tempio romano ha permesso la realizzazione di templi circolari e rettangolari il cui stile ha influenzato nei secoli tutta la cultura dell’occidente.
Lo storico Tito Livio narra che il Tempio fu pensato da Tarquinio Prisco per celebrare la valorosa vittoria sul popolo dei Gabii e per consolidare il trattato con gli Etruschi. Ma chi diede realmente inizio ai lavori per la costruzione fu Tarquinio il Superbo, l’ultimo re di Roma prima della Repubblica. 3.
Un fatto incredibile avvenne mentre si innalzava il tempio; una testa umana fu trovata nelle fondamenta, e la scoperta straordinaria rappresentò per tutti una premonizione che quel luogo sarebbe stata la sede dell’Impero e la capitale del mondo (“caput mundi”).
Il tempio rappresentava la potenza del dio infatti una grande statua in terracotta di Giove alla guida di una quadriga era posta al centro. Per i cittadini romani il tempio Capitolino divenne un centro religioso, ma anche il simbolo politico dello stato.
Il rivestimento esterno era in marmo pentelico, le tegole e le porte erano dorate mentre magnifiche sculture si alternavano alle colonne. Da tutta la città si poteva ammirare la maestosità del tempio grazie alla sua posizione sulla collina.
Il tempio di Giunone Moneta faceva parte della triade capitolina (Giove, Giunone e Minerva), eretta sul colle e la dea fu tra le divinità romane più amate. Fu il dittatore Lucio Furio Camillo a farlo costruire dopo la sua vittoria contro gli Aurunci nel 345 a.C.
L’attribuzione a Giunone dell’epiteto Moneta cioè “ammonitrice” ( dal greco ἐπίκλησις “invocazione” nella religione della Grecia antica) si fa risalire all’assedio dei Galli ( 390 a.C.), quando le oche sacre alla dea chiuse nel recinto (le famose oche del Campidoglio) cominciarono a starnazzare svegliando il console Marco Manlio Capitolino che sventò l’assalto dando l’allarme.
Nei pressi del tempio venne costruita la Zecca (III secolo a.C.) e dall’espressione del linguaggio popolare per indicarla (ad monetam, presso il tempio di Giunone Moneta) al denaro è stato dato il nome di moneta.
Il tempio e la vicina zecca, furono distrutti durante il grande incendio di Roma nel 64 d.C.. Sui resti del tempio fu poi eretta la chiesa di Santa Maria in Aracoeli (VII-XIII sec.).
Tarpea, figlia del custode del colle, andando alla fonte fuori le mura per attingere l’acqua, incontra un bel giovane pieno di monili d’oro al braccio, Tito Tazio, re dei Sabini, che assediava la rocca. La giovane si innamora e promette a Tito che avrebbe aperto le porte della cittadella per amore ma anche per ricevere in dono i gioielli.
Il capo dell’esercito sabino Appio Erdonio, sicuro dell’appoggio della giovane Tarpea che avrebbe facilitato l’ingresso, con una schiera di circa 2000 mercenari nel 460 a.c. assediò il Campidoglio conquistandolo agevolmente.
La giovane non ebbe il tempo di gioire perché fu uccisa sotto gli scudi dei conquistatori. Un dirupo roccioso nel lato meridionale del colle porta il suo nome (La rupe Tarpea) e da lì venivano lanciati nel vuoto i traditori della patria. Ma un esercito tuscolano, riunitosi al comando del generale Lucio Mamilio Vitulo riconquistò il colle uccidendo il capo dei Sabini.
I Galli Senoni, al comando del generale Brenno, avevano posto sotto assedio Chiusi, città etrusca, che fu costretta a chiedere aiuto alla vicina Roma. Tre giovani romani nobilissimi della gens Fabia furono inviati a trattare con Brenno, ma uno dei tre, Anzi Quinto Fabio, protendendosi a cavallo aldilà delle file, uccise con la lancia il condottiero dei Galli.
Diffusasi la voce che l’assassino era un ambasciatore romano i Galli, risentiti per l’offesa levarono il campo per l’assedio a Chiusi e decisero di marciare verso Roma, che avvisata dai messaggeri giunti da Chiusi sulla velocità e la bellicosità dei nemici, approntò frettolosamente un esercito male addestrato.
Lo scontro della battaglia avvenne presso il fiume Allia, poco distante dalla capitale, e segnò una data di lutto per Roma. Le milizie dei Galli guidate dal condottiero Brenno sconfissero l’esercito romano inseguendo i fuggitivi con l’obiettivo di conquistare Roma.
Il loro arrivo terrorizzò il popolo, i contadini fuggivano di fronte al pericolo alle armi, la città era spaventata e alte si levarono le grida della gente. Gli invasori a cavallo si schierarono marciando in lungo e largo occupando ogni luogo e depredando le campagne attorno.
I galli saccheggiarono per alcuni giorni Roma, bruciandola e devastandola, uccidendo migliaia di soldati romani e civili. “Il sacco di Roma” avvenne nel dies Alliensis 4 il 18 luglio del 387 a.C..
Quel giorno divenne simbolo di sventura, annotato nei calendari imperiali come dies nefastus (giorno infausto). L’evento disastroso per Roma fu per il capo Brenno l’episodio più importante che lo ha reso famoso nella storia: il successo nella guerra contro la Repubblica Romana.
Pur privi di qualsiasi resistenza, i pochi romani sopravvissuti, senatori, plebei, donne e giovani, formarono un piccolo esercito per difendersi dai nemici arroccandosi sul Campidoglio.
Il capo dei Galli fu costretto a tenere il colle sotto assedio che si protrasse per lungo tempo finché fu deciso un assalto notturno per sorprendere gli strenui difensori della guarnigione.
I Galli attaccarono il colle, ma furono respinti senza difficoltà grazie allo starnazzare delle oche sacre alla dea Giunone, che svegliarono il Console Marco Manlio Capitolino che diede l’allarme riorganizzando gli assediati pronti a rintuzzare l’attacco.
Dopo varie trattative, i romani accettarono di pagare un riscatto di 1.000 libbre d’oro; nel momento di pesare l’oro sulla bilancia Brenno avrebbe truccato la misurazione ponendo sul piatto la spada per aumentarne il peso.
Alle rimostranze dei romani, il capo dei Galli pronunciò la celebre frase “vae victis“, “guai ai vinti“. Non cessando l’assedio, i romani decisero di richiamare il console Furio Camillo per aiutarli, il quale, alla testa di una truppa di soldati romani e avendo ottenuto i poteri di dittatore e unica autorità legittima, rifiutò il pagamento della somma e in battaglia sconfisse i Galli.
La vergogna del riscatto non ebbe luogo salvando l’onore di Roma e famosa è rimasta nella storia la frase di Furio Camillo.“Non auro, sed ferro, recuperanda est patria” “Non con l’oro si riscatta la Patria, ma con il ferro”.
Le mura serviane erano una struttura difensiva di tufo costruita all’inizio del IV secolo a.C., e l’opera prende il nome dal sesto re di Roma, Servio Tullio.
Le mura sono stati edificate con blocchi quadrati ammassati l’uno sull’altro, e contavano 16 porte di cui tre esistono tutt’ora (Porta Esquilina = Arco di Gallieno, Arcus Caelimontani, Porta Sanqualis).
Dalla Repubblica Romana fino al primo Impero, le Mura Serviane (oltre che recinto militare) furono mantenute per proteggere la città tenendola fondamentalmente barricata per i primi tre secoli dell’Impero Romano.
Con un’estensione di circa 11 km. le mura proteggevano il Campidoglio, l’Arx capitolina e in seguito gli altri colli. Il perimetro difensivo romano era in quel tempo uno dei più estesi in Italia e forse in tutta l’area Mediterranea.
L’età imperiale inizia nel 27 a.C. con Gaio Giulio Cesare Ottaviano, il primo imperatore, per concludersi con la deposizione del giovane Romolo Augustolo, l’ultimo degli imperatori romani occidentali 476 d.C..
Roma nel corso dei cinque secoli che la vedranno raggiungere la sua massima espansione territoriale, si impegna a promulgare la cultura e la letteratura latina nei territori conquistati, pur assorbendone in parte l’influsso.
Dalla dinastia Giulio-Claudia a quella Costantiniana è un continuo avvicendarsi di eventi e guerre ma è da evidenziare il fermento culturale patrocinato da Augusto e il divenire di scrittori come Virgilio, Orazio, Tito Livio che abbandonavano l’ascendente greco.
La storia di Roma è contrassegnata dalle fiamme che periodicamente hanno cambiato la struttura della città. Un incendio molto pericoloso avvenne nel 6 d.C., che però diede vita proprio all’avvio dell’organizzazione del servizio dei vigiles (i vigili del fuoco di oggi) da parte di Augusto stesso, con a capo un praefectus vigilum.
Un altro incendio impegnativo fu nel 14 d.C., quando nel Foro repubblicano le fiamme avevano completamente distrutto le due grandi basiliche di Aemilia e Julia. Nel 69 d.C., tutta l’area capitolina venne data alle fiamme danneggiando ancora una volta i templi e i monumenti. L’imperatore Vespasiano si occupò immediatamente del restauro e a riparare i danni dovuti alle fiamme.
Il più tristemente famoso fu il grande incendio che scoppiò e distrusse gran parte della città nell’anno 64 d.C.. Nonostante le storie ben note, non ci sono prove che l’imperatore romano Nerone abbia appiccato il fuoco, perché in quel periodo si trovava ad Anzio sulla costa laziale.
L’incendio è scoppiato dal Colle Palatino diffondendosi a nord divampando fuori controllo per quasi tre giorni. Tre dei 14 quartieri di Roma furono completamente spazzati via; solo quattro non furono toccati dalla terribile devastazione. Centinaia di persone sono morte nell’incendio e molte migliaia sono rimaste senza casa.
Pochi anni dopo però, nell’80 d.C. con Tito Imperatore, il fuoco divampò di nuovo dalle pendici di Campo Marzio. Domiziano avviò la ricostruzione dall’81 d.C.. Di questo periodo è la costruzione dei templi dei mitologici Dei Consenti e di Vespasiano e Tito, collocati alle pendici del colle.
Dopo l’incendio del 191, sotto l’impero di Commodo, si avviò una nuova fase di ricostruzione, curata dalla dinastia dei Severi: fu riedificato il Tempio della Pace, gli Horrea Piperiana e il Portico di Ottavia.
Nel 283 d.C. l’incendio che aveva distrutto parte del centro cittadino, rese necessaria una ricostruzione, intrapresa da Marco Aurelio Carino che diede corso ai restauri al Foro di Cesare, alla Curia, al Tempio di Saturno, al teatro e ai portici di Pompeo.
Anche in precedenza, nell’ultimo periodo della Repubblica, Tito Livio narra che nel 213 a.C. un terribile incendio durato due notti e un giorno, distrusse molti degli edifici. Un terribile incendio nell’83 a.C. distrusse il Campidoglio e l’antico tempio di Giove Capitolino andò in fiamme; seguì una profonda ricostruzione affidata al fedelissimo di Silla, Lutazio Catulo che si occupò dopo l’incendio anche dell’archivio dello Stato, il Tabularium.
Nell’epoca medievale, lo sviluppo architettonico del Campidoglio confluì con i cambiamenti delle istituzioni comunali. La funzione sacra del colle fu snaturata dal nuovo ruolo di cuore pulsante del Governo civico di Roma, fermamente sotto il controllo del Papa.
Vari moti di resistenza urbana pullulavano in città e nel 1143, una sommossa di cittadini contro l’autorità papale e i nobili insediò nel colle il ricostituito Senato del popolo romano con sede a Palazzo Senatorio.
Nel 1363, una nuova conformazione di governo è adottata in città: un solo Senatore coadiuvato da due giudici”a latere” e i Conservatori, in rappresentanza delle classi sociali pervenute al potere.
Nel Quattrocento i papi Bonifacio IX e Niccolò V fortificano il Palazzo Senatorio come una roccaforte protetta da torri: al contempo il palazzo dei Banderesi (capitani della milizia cittadina), su commissione del papa Niccolò V viene riadattato dall’architetto Bernardo Rossellino come sede dei Conservatori diventando dunque Palazzo dei Conservatori.
Anche se la coesistenza tra il papato e gli ordinamenti comunali è litigiosa, la ripartizione tra Campidoglio e Vaticano come luogo del potere pontificio viene decretata. Nel 1471 il papa Sisto IV sancisce la funzione del Campidoglio con la donazione al Popolo Romano di due grandi bronzi: la Lupa, che diventa il simbolo della città e il grande ritratto bronzeo di Costantino.
Nel 1536 l’area del Campidoglio era un prato di erbacce ed in uno stato di così assoluto degrado da essere utilizzato per il pascolo delle capre, chiamato per questo “Monte caprino”. Il papa Paolo III Farnese, in previsione della visita a Roma dell’imperatore Carlo V, commissionò a Michelangelo, suo architetto, scultore e pittore di fiduci, il progetto per una nuova piazza, Piazza del Campidoglio.
Il piano di lavoro del papa includeva anche una rimodellazione degli edifici esistenti attorno allo spiazzo. Lo sviluppo del progetto complessivo prevedeva di facilitare l’accesso alla collina costruendo una scalinata.
Quando l’Imperatore visitò Roma, il corteo imperiale non riuscì a giungere fino alla vetta della collina perché pochissimi lavori erano stati completati.
La pavimentazione ellittica ispirata al prezioso disegno pavimentale stellato di Michelangelo, documentato dalle incisioni del cartografo disegnatore Étienne Dupérac del 1569, fu realizzata soltanto nel 1940. Dopo circa quattrocento anni si completava il progetto di un maestoso scenario architettonico sviluppatosi in secoli di elaborazioni e rifacimenti.
Per approfondire consigliamo di leggere l’approfondimento sulla piazza:
Attorno alla piazza sono presenti i seguenti palazzi:
Palazzo Senatorio
Il Palazzo Senatorio fu costruito sui resti del Tabularium, nel 78 a.C (in precedenza, il Tempio di Saturno) come sede del nuovo consiglio chiamato dei Senatori, fondato nel 1143-44, che tolse al papa l’autorità per gli affari amministrativi della città, grazie ad un movimento di ribellione dei cittadini contro Papa Innocenzo II.
Qui si riunirono i primi Senatori, organo collegiale elettivo cui era affidata l‟amministrazione della giustizia e della città.
La sua ristrutturazione fu affidata a Michelangelo tra il 1542 e il 1554 fece realizzare una scalinata a duplice rampa, dando luogo ad un forbito scenario architettonico per la collocazione delle due splendide statue antiche di divinità fluviali: il Nilo e il Tevere.
Oggi è la sede amministrativa e di Rappresentanza di Roma Capitale. È il più antico municipio esistente al mondo.
Il palazzo Nuovo
Nel 1603, grazie al finanziamento di papa Clemente VIII fu costruito il Palazzo Nuovo sotto la guida di Girolamo Rainaldi e di suo figlio Carlo sul progetto di Michelangelo che ideò anche la facciata.
Il Palazzo, situato sul lato sinistro della piazza, al suo interno una ampia collezione egizia fatta di reperti non trasferiti dall’Egitto, ma provenienti tutti dagli scavi romani di Villa Adriana e della campagna romana (il coccodrillo, due cinocefali, uno sparviero, una sfinge, uno scarabeo, etc.).
L’edificio ospita assieme a quello dei Conservatori di fronte al quale è contrapposto, la sede dei Musei Capitolini, una delle più antiche raccolte di opere classiche al mondo.
Palazzo dei Conservatori
Il palazzo dei Conservatori, collocato sul lato destro della piazza, fu fatto costruire nel XIII secolo per ospitare le Corporazioni professionali delle arti e dei mestieri. Nel XV secolo fu assegnato ai Conservatori, gli ufficiali nominati dal Papa, e nel 1568 su commissione del papa Niccolò V, fu avviata la ristrutturazione.
Il palazzo fu ridisegnato da Michelangelo che non vide ultimata la sua opera, proseguita da Guidetto Guidetti e completata da Giacomo Della Porta. I suoi pilastri che si estendono su due piani caratterizzano la notevole facciata.
Il Cortile è il luogo privilegiato della raccolta di antichità e per i frammenti della colossale statua dell’Imperatore Costantino ritrovati nel 1486.
Sui resti del tempio di Giunone Moneta nel 12° secolo sorse nel punto più alto del Campidoglio la basilica di Santa Maria in Aracoeli, assumendo definitivamente il ruolo di chiesa del popolo romano. Lo stile architettonico è romanico, gotico e le 122 colonne romane che dividono l’interno della chiesa in tre navate furono recuperate da diverse rovine e monumenti antichi.
Campidoglio: opinioni e commenti
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